Il 19 Giugno 2020 si è spenta una mente, una penna, un uomo. Carlos Ruiz Zafón per me è stato più di un autore di best seller. Mi ha preso per mano con i suoi libri, e ha ridato linfa vitale a quel cervello impolverato che si nascondeva pigro dentro la mia scatola cranica.
Con i suoi racconti si è preso un pezzo di me e mi ha appesantito di coscienza e consapevolezza. Adesso è con mani incerte e tremanti che vomito queste parole, per dirgli addio.
L’Ombra del Vento, un Zafón al suo massimo

In principio era L’ombra del Vento. Andavo alle superiori, non leggevo da anni “non trovo un libro che mi piaccia!” mi ripetevo, poi un giorno mi prestarono questa meraviglia. Ricordo di aver letto le prime righe e di essere riaffiorata pagine dopo o secoli dopo, non saprei dire. Nel romanzo il protagonista, Daniel, trova questo libro “L’ombra del vento” in un cimitero di libri, lo divora in una notte e se ne ossessiona. Non è poi tanto di verso da quello che successe a me. Zafón è una penna incredibilmente dotata, il suo pensiero è parole e immagini in completa sintonia. Sfoggia una maestria seducente che ti tiene per la gola mentre non puoi fare a meno di continuare a leggere. Una menzione d’onore va fatta a Bruno Arpaia, suo fedele traduttore e uomo di grandissimo talento.
L’Ombra del Vento è stato il romanzo che ha reso celebre Zafón, un caso letterario che è esploso con il passa parola. Una dichiarazione d’amore alla letteratura, ai libri e alla sua tanto amata Barcellona. Una Barcellona in cui sembra di essere nati, di percepirne gli odori e i sapori, un città che ci appare familiare. Sembra di aver percoso davvero Calle Santa Ana, di essere entrati nella libreria Sempere e figli ed essere rimasti inebriati dal profumo di libri usati e polvere. Un libro che ti conquista con i suoi personaggi, ne condividi paure e insicurezze e cresci un po’ con loro. Custodisco i suoi libri gelosamente, sono una spiaggia sicura in cui tornare in momenti di burrasca.
Carlos Ruiz Zafón e la scrittura
Se devo a qualcuno l’idea folle di essermi messa a scrivere, forse è proprio Zafón. Con i suoi libri mi ha infettata e macchiata per sempre, le parole sono la mia croce e il mio grande amore. Ho trovato una valvola di sfogo, uno spazio in cui entrare e rimanere sola. La scrittura è un’avventura che Zafón ha contribuito a rendere più viva e di questo gli sarò per sempre riconoscente. Voglio lasciarvi con le parole di David Martin, anima nera e scrittore incompreso della Barcellona del Cimitero dei Libri Dimenticati.
Uno scrittore non dimentica mai la prima volta che accetta qualche moneta o un elogio in cambio di una storia. Non dimentica mai la prima volta che avverte nel sangue il dolce veleno della vanità e crede che, se riuscirà a nascondere a tutti la sua mancanza di talento, il sogno della letteratura potrà dargli un tetto sulla testa, un piatto caldo alla fine della giornata e soprattutto quanto più desidera: il suo nome stampato su un miserabile pezzo di carta che vivrà sicuramente più a lungo di lui. Uno scrittore è condannato a ricordare quell’istante, perché a quel punto è già perduto e la sua anima ha ormai un prezzo.
Quello che scriviamo rimane dietro di noi, diventa la nostra ombra e il nostro ricordo. Spero che il ricordo di Carlos Ruiz Zafón possa vivere nelle persone che hanno assaporato le sue parole. Spero possa nascere in chi non ha ancora avuto il piacere di visitare la sua Barcellona, una città che per certi versi si trova solo su carta. E mi consolo immergendomi nelle pagine della sua tetralogia che vivrà più a lungo di lui. Mi piace pensare che ora sia impegnato a prendere un caffè con Alexander Dumas, e che non debba più preoccuparsi di una cosa effimera come la vita.
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