Hai presente quel momento per cui ti prepari da una vita? Quello che desideri da sempre, da quando sei bambina? Quello per cui ti vesti bene e ti prepari mesi e mesi prima. Su cui passi ore a fantasticare e che condividerai con persone speciali. Esatto, proprio il concerto del tuo cantante preferito! Finalmente nella tua città dopo anni di assenza, con il suo nuovissimo bellissimo levissimo album solista da presentare. Ecco, vi racconto di quella sera per cui ero pronta da sempre e che mi ha trovata completamente impreparata.
Era il 2014, qualche mese prima di luglio, non ricordo quale ma non importa saperlo ai fini dello storytelling. I canali ufficiali annunciano che il nuovo tour di Lord illustrissimo signore dei cieli Damon Albarn, avrebbe fatto tappa a Roma, all’Auditorium parco della musica. Ora, per chi non lo conoscesse breve info bio: Damon Albarn, classe 1968, frontman dei Blur, band inglese dei primi anni ‘90. Massimo rappresentante del britpop insieme ai meno originali ma ahimé più conosciuti Oasis. Fondatore nei primi anni 2000 dei Gorillaz insieme al fumettista Jamie Hewlett. Nonché solista e immerso in altri ottocento progetti tra cui The good, the bad and the queen che ti straconsiglio.
Comunque, leggo di questa data del tour, il 15 luglio a Roma, all’Auditorium. Bello penso, con l’entusiasmo e la diffidenza che mi caratterizza all’arrivo di una novità. Il fatto è che per quanto io possa perdonare tutto a quell’uomo (persino i capelli con cui qualche giorno fa si è presentato al Glastonbury festival) a quei tempi era immerso in progetti sperimentali e tirava fuori nenie improponibili. Per carità, lo amo anche e soprattutto per i suoi difetti, ma un concerto così non pensavo lo avrei retto. Soprattutto non sapevo se avrei trovato qualcuno disposto a venire con me (a quel tempo non conoscevo ancora il meraviglioso mondo del “fare le cose anche da sola”).
Comincio comunque a buttare l’amo per cercare qualche anima pia interessata. Mia sorella, come sempre Dio la benedica, l’unica potenzialmente interessata. Solo che -imprecazione- tardava a decidersi. E io tardavo a prendere quei benedetti biglietti. Parallelamente all’indecisione di mia sorella e al conseguente ritardo nell’acquistare i ticket, cresceva il mio amore per il nuovo album e anche il mio entusiasmo. E da brava retore, giocai di sfinimento finché mia sorella finalmente disse sì. A questo punto, piccolo imprevisto. Visto che era passato molto tempo dall’annuncio del tour, i biglietti del parterre erano esauriti e rimanevano solo quelli della balconata. Ok, non benissimo per una miope ma o quello o niente. Prendiamo questi benedetti biglietti. Io contentissima ma un po’ rosicante di non poter stare sottopalco con gli occhi a cuoricino.
Questa la premessa.
Arriva il fatidico 15 luglio. Io schizzavo ovunque dall’euforia. Dovendo prendere i mezzi ci avviamo con largo anticipo nel primo pomeriggio. Il concerto iniziava al tramonto. Arriviamo, ci prendiamo una birretta e ci cominciamo a godere l’atmosfera pre concerto. La gente indossava le magliette delle mille band di Damon Albarn e ogni tanto si sentivano commenti come è uno dei musicisti più talentuosi degli ultimi tempi. Aah, che libidine. Ero tra i miei simili, nella pace totale in un clima che se ci penso ora mi viene da piangere.
Aprono i cancelli e iniziano a farci entrare nella Cavea dell’Auditorium. Ci sediamo. Lontanuccio, penso, ma non voglio essere polemica. Voglio godermi la serata. Uffa, guarda quelli come sono vicini al palco. Ah che bel tramonto. Inizio a sembrare un po’ schizzata. Ad un certo punto becco anche mio cugino tre file più in là. Solito borbottone che dice di essere lì per caso e di non amare neanche particolarmente il cantante, sarà il solito inglese che fa due canzoni e poi va via. Sorvolo, niente potrà mai corrompere quel momento. Si spengono le luci, parte il concerto. Estasi.
Sarebbe un racconto bellissimo se finisse qui. Ma purtroppo per dovere di cronaca devo continuare.
A circa tre canzoni dalla fine di un concerto lungo e fin lì perfetto ed emozionante, con un’invasione di palco da parte di un fan, Damon inizia a cantare una delle sue hit, Clint Eastwood. Preso dall’entusiasmo tira su due ragazze sul palco, poi altri ragazzi e da lì parte un crescendo. Sotto i miei increduli occhi accadde quello che avevo sempre sognato e che ora si materializzava in un incubo. Metà del parterre era sul palco con Damon Albarn e la sua band a ballare e cantare intorno a lui. Noi sulla balconata potevamo solo guardare. Il mio sogno, realizzato, da altri, sotto i miei occhi. Ero incredula, divertita dall’ironia del destino ma con livelli di rosicamento a mille. Mia sorella mi sussurrò un timido scusa sore. E io ancora glielo rinfaccio a distanza di anni. Questo fanno le sorelline.
Esiste un video di quel momento, ve lo voglio mostrare per completezza narrativa. Ma non ho il coraggio di rivederlo.
Comunque. Negli anni ho metabolizzato quella serata cercando di prenderla con filosofia (ma continuando comunque a rinfacciarlo a mia sorella). E alla fine, mi sono detta, è stato meglio così. Perché come disse qualcuno
Non bisogna toccare gli idoli se non si vuole che la doratura ci resti sulle mani
Gustave Flaubert