Martha era stata rinchiusa in una buia cella mesi fa. Era una presunta strega, ma nonostante non potesse agire all’esterno delle mura della cittaella, le pene del regno in ginocchio, non erano migliorate. Per annullare il sortilegio, Re Uther decise che la donna doveva morire, così tutti i mali sarebbero svaniti.

Era distesa sul pavimento di una piccola cella, tra polvere, topi e se sue stesse deiezioni. Quando due cavalieri l’hanno presa di peso per portarla all’esterno. Da mesi la donna, riceveva un solo tocco di pane raffermo alla settimana, come pasto. Era visibilmente debilitata, tanto da non reggersi in piedi e farsi trascinare come una carcassa sul tavolo del contadino affamato.
Martha non si lavava da mesi, i suoi abiti erano logori, tanto da lasciar intravedere di sé, più di quanto le cortigiane non fossero in grado. Presentarsi in quel modo alla folla, era più umiliante dell’isolamento forzato alla quale era stata costretta fino ad allora. Non vedeva la luce del sole da molte lune ormai, il minimo raggio le perforava la vista, lasciandola come un cieco a brancolare, con i suoi aguzzini come cani guida. L’aria era pulita e non aveva più l’odore acre e stantio della muffa sulla roccia delle segrete. Ogni respiro le bruciava i polmoni, facendola annaspare. Come se si stesse riprendendo dopo un’apnea che dura da tutta la vita.
Il chiasso della piazza ricolma di persone, la disorientava. La folla gridava “Al rogo!”, “Strega!”, come se la fame e la povertà, li avesse resi meno umani. Un branco di cani rabbiosi che si uccidono a vicenda per l’ultimo boccone, perché quando la speranza viene meno, ci si accanisce sempre sul più debole, come se la collaborazione e l’aiuto reciproco, fossero una favola che si racconta ai più giovani. Re Uther alzò la mano e tutt’intorno calò il silenzio. La fecero cadere in ginocchio, davanti a quel tiranno spaventato, che vedeva in Martha il male del mondo. Quell’uomo bofonchiava delle parole che la giovane non riusciva a comprendere. I cavalieri la colpivano con il retro delle lance. Ma lei non proferiva parola. Il Re alzò il pugno a metà del petto, distese il pollice e un rullo di tamburi riempiva la piazza. Quel pollice lentamente puntò il pavimento e i sussulti della folla feroce, parevano smuovere la terra. Martha veniva legata ad un palo, sopra la catasta di legna.


Non riuscivo a capire cosa stesse accadendo, ma incanalai tutte le mie forze per aprire gli occhi e vedere. La mia attenzione fu rapita dal primo cavaliere, che viene verso di me, con la sua torcia in mano. Io vedo quest’uomo, fiero dello stendardo che porta sulla cappa, certo che quel suo gesto estremo, sia per il bene del Regno. Gli leggo negli occhi l’odio nei miei confronti, il timore di assistere in primo piano ad una delle mie stregonerie. Lui è senza scrupoli.
Io mi sentivo con un enorme fardello in meno: le mie sofferenze sarebbero finite e la mia famiglia avrebbe finalmente avuto la prova che non sono davvero una strega. Quell’uomo si avvicina, vestito di ferro appena lucidato, che arriva dalle scuderie.
Lui sa che io sono una minaccia per il regno.
Accende la legna sotto di me e mi guarda impassibile, senza fiatare. Il fumo mi avvolge, fatico a respirare, ma non smetto di guardare il mio esecutore, il calore inizia a diventare sempre più insopportabile e il fumo mi appanna la vista. Ma voglio ricordarmi dell’uomo che ha reso mio marito vedovo e i miei figli orfani.
Esalo gli ultimi faticosi respiri, con la mia carne che brucia e il legno che scoppietta. Mentre chiudo gli occhi per l’ultima volta, la sua immagine mi rimane impressa dietro le palpebre finchè di me, non rimane che polvere.

Avevano dato a me l’ordine di bruciare la donna. Ero certo che quella poveretta non fosse affatto una strega. Ero sicuro che il Re fosse in torto, ma non potevo oppormi. Quando la guardo negli occhi, vedo la sofferenza più grande, le torture che i miei compagni le hanno inflitto, l’hanno segnata troppo. Ma vedo anche che era pronta a lasciare questa vita, fatta di una cella umida, solitudine e amarezza.
Ma in quei grandi occhi marroni, segnati dal lato peggiore dell’uomo, ho riconosciuto quelli di una madre che nonostante tutto, perdona sempre il figlio. Quella donna, della quale nemmeno conoscevo il nome, sarebbe bruciata viva davanti ai miei occhi, davanti agli occhi di suo marito, dei suoi figli, di conoscenti e perfetti sconosciuti. Semplicemente perché io ho questo ordine, perchè io ho questa torcia in mano.
Mi avvicino alle cataste e do fuoco alla legna sotto quella donna. Dalla vergogna non riesco a guardarla negli occhi.
Continuo a sentimi osservato e sento una strana sensazione nel petto. La donna, che sta bruciando viva a causa mia, sta aspettando il mio sguardo, come una benedizione per lasciare questo mondo in cui lei, non è più la banvenuta. La osservo, mentre viene avvolta da quella immensa colonna di fuoco e fumo, tra il calore e le grida, mentre la folla si dirada.
Poi il silenzio. Un freddo brivido mi pervade la schiena, come se la donna avesse smesso di starmi avvighiata.