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Una giornata di mare che diventò una gara

E’ il 21 luglio, e dopo mesi e mesi passati nel traffico e lo smog della città, io e Anna decidiamo di prenderci le nostre meritate vacanze. Ci diamo appuntamento il giorno dopo sotto casa mia.

Alle 8 del mattino Anna mi manda un messaggio appena arrivata: ” Ehi sono sotto casa. Scendi!”. Come si fa in questi casi, do l’ultima controllatina alla casa: chiuso il gas, chiuso l’acqua, sistemate le piante, il gatto ce l’ha la vicina. Apposto! Chiudo la porta di casa e trascino le mie valige all’ascensore.

“Era da tanto che non facevo una vacanza così, con la mia migliore amica” penso tra me e me.

Scesa, mi accorgo che Anna ha portato di tutto: dal gommone alle sdraiette (come le chiamo io) da pensionate. Mi prende una risata compulsiva che devo subito stoppare, perché la mia amica ha una faccia con un punto interrogativo stampato in faccia. Cerco di sistemare le mie due valige! Che impresa! Ma con una destrezza da giocatore di tetris, ce la faccio.

Partite con la nostra twingo, gialla fiammante (non possiamo non passare inosservate), ci dirigiamo al porto di Civitavecchia per imbarcarci nel nostro traghetto.

Ah certo! Non ho mica specificato quale è la nostra destinazione: Sardegna, raga, Sardegna!!

Parcheggiamo (non abbiamo alcun problema a ritrovarla) e saliamo, su, per ammirare il mare. C’è un vento della madonna! Massì vacanza! Si sopporta tutto! Le onde furiose venivano solcate dal traghetto che ci avrebbe portato alla nostra destinazione! Aaaaah! Già mi immagino sdraia…seduta sulla mia sdraietta!

Dopo 8h di navigazione arriviamo al Golfo Aranci, Olbia. Che carina! Ma da lì avevamo ancora da fare un bel po’ di strada, circa un paio di ore! Destinazione Orosei.

Anna s’è preoccupata di tutto: appartamento, escursioni, spiagge da visitare, ristoranti e biglietti. Io avevo il compito di essere puntuale e di non dimenticarmi di niente. Che pacchia! Effettivamente ha fatto un bel lavoro: la casa è davvero carina, classica casa di mare (senza grandi pretese); una stanza con due letti; un bagno grande total white; cucinotto ( che ad Anna ho subito sottolineato di non sporcare nemmeno per un caffè); una bella veranda dove mi sarei goduta la vista del mare e la tranquillità del posto.

Il giorno dopo l’arrivo, ci alziamo presto e pensiamo subito di indossare i nostri costumi e andarci a fare un bel bagno. – Raga l’acqua era trasparente e cristallina!! – Ombrellone, le immancabili sdraiette, ci spogliamo e a corsa verso quel mare bellissimo. C’è poca gente in spiaggia, una goduria immensa! E’ proprio cominciata la vacanza! Inizio ad andare sott’acqua, emergere e dopo tanta fatica (eh eh) mi ” sdraio” a morto lasciandomi cullare dalle piccole onde.

Ad un certo punto, noto che le mie dita sono diventate come la pelle di uno shar pei e inizio ad uscire. Non mi ero accorta che Anna era da un po’ sulla sua sdraietta. Ma si è fatta anche una certa! Io nel frattempo mi asciugo i capelli e il corpo, la mia amica si stava già vestendo.

Non credo ai miei occhi! Lei ignara! Aveva un granchio attaccato alla sua gonnella! Vi giuro che non mi sarei mai aspettata una reazione simile: Anna era spaventata, continuava ad avere il granchio appeso alla gonnella, non conosce il mio ruolo, i miei obiettivi. Io cerco di non perdere la calma (perchè ad un certo punto mi stava anche spaventando), cerco di rassicurarla. A quel punto prendo la mitica sdraietta, e “SBANG!” allontano il granchio!

“Tutto finito” pensai. Lì comincia la nostra vera avventura. Anna è diventata sorda. Me ne sono accorta perché le dico che il granchio l’ho cacciato e non capisce. Solo se indico verso la gonna, capisce. Bhè penso che l’acqua le ha dato noia, e magari si sarebbe risolta con una bella doccia!

Tornate (ho guidato io ovviamente) ho lasciato che fosse la prima a lavarsi! Anche perché l’ansia mi sta assalendo pian piano. Ovviamente, come una delle migliori vacanze fantozziane, la doccia aveva fallito. Non c’è altra soluzione che dirigerci all’ospedale di Nuoro.

Se la situazione è già complicata, ovviamente c’è qualcun che ha avuto la stessa idea.

Premetto che non sono una grande guidatrice, io mi muovo meglio in bicicletta o con mezzi pubblici, per questo la scelta di prendere la macchina di Anna. Ma in questo caso dovevo agire.

Non cammino spedita, non voglio sbagliare la strada e non imboccare l’uscita giusta. Quindi ho un occhio verso la strada e l’altro verso la mia amica che piangeva. Che due maroni!

Una macchina dietro di noi comincia a suonarci all’impazzata. Io faccio segno con la freccia di sorpassarmi. Mi farfuglia qualcosa in sardo, e capisco solo “figlio” e “sta male”. Annuisco e faccio segno che anche qui non siamo messe tanto meglio.

Di tutta risposta: ” Pe prasceri la tua amica è solo ‘briaca!” – Annamo bene!

L’uomo stava correndo all’ospedale con il figlio in pericolo, si sente più potente quando supera le altre automobili, odia le auto come la mia. Infatti mi supera con sufficienza.

Quello fu un vero affronto!

Sono diventata come un toro che vede solo rosso!

“Drogata alla mia amica?”

Piede sull’acceleratore e via! Mi sento rambo. L’obiettivo è superare lo stronzo e salvare la mia amica!

Ho un’adrenalina addosso, che riesco a superare l’uomo, prendere la giusta uscita dell’ospedale e parcheggiare la macchina con una precisione da chirurgo. E’ stata subito soccorsa.

L’uomo arriva, mi lancia un’occhiataccia, senza dirmi altro.

Ovviamente, capisco la paura che ha provato quell’uomo per il figlio. E nella sala d’aspetto mi avvicino e chiedo come sta il figlio. Alla fine mi racconta che erano andati a pescare e che aveva battuto la testa scivolando. Appoggio la mia mano sulla sua spalla e restiamo in silenzio. Dopo ore, mentre la mia amica sta facendo accertamenti vari (ma sta bene), arriva un dottore.

Ha una faccia distesa, di chi deve solo dare buone notizie. Il figlio sta bene. Ci abbracciamo!

Certo non avrei mai pensato di trovarmi con uno sconosciuto, con il quale avevo appena gareggiato, a festeggiare!

Non ci crederete, ma dopo quella disavventura si continuano le nostre vacanze. Con un amico in più.

Quello “stronzo”, negli anni, siamo sempre andate a trovarlo.

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Francesca Cantale